Non esistono parole al mondo che non siano state già scritte, all'Alba dei Tempi.......PAROLE SCOLPITE negli anfratti più profondi del cuore della Terra, nelle pieghe più morbide e levigate dell'intero universo, tra le radici della natura o tra i voli di ali celesti. Solo lo scrittore, come saggio e vecchio geografo, le sa cercare, comprendere e disegnare in pagine di eterna memoria......

I miei libri

mercoledì 26 giugno 2013

Vita di mamma Margherita


Le grandi parole
Il giorno 30 ottobre è l'ultimo che Giovanni Bosco passa fuori dal Seminario. Nelle sue 'Memorie', don Bosco ricorda così quel giorno: Il giorno 30 ottobre di quell'anno 1835 dovevo trovarmi in Seminario. Il piccolo corredo era preparato. I miei parenti erano tutti contenti: io più di loro. Mia madre soltanto stava in pensiero e mi teneva tuttora lo sguardo addosso, come volesse dirmi qualche cosa. La sera precedente alla partenza ella mi chiamò a sè e mi fece questo memorando discorso:  "Giovanni, tu hai vestito l'abito del sacerdote. Io ne provo tutta la consolazione che una madre può provare per la fortuna di un figlio. Ma ricordati che non è l'abito che onora il tuo stato, è la pratica della virtù. Se mai tu avessi a dubitare di tua vocazione, ah per carità! non disonorare questo abito. Posalo subito. Preferisco avere un povero contadino che un figlio prete trascurato nei suoi doveri. Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Beata Vergine. Quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la devozione a questa nostra madre. Ora ti raccomando di esserle tutto suo. Ama i compagni devoti di Maria. E se diventi sacerdote, raccomanda e propaga sempre la devozione di Maria".
Nel terminare queste parole, mia madre era commossa; io piangevo. "Madre -le risposi-, vi ringrazio di tutto quello che avete detto e fatto per me. Queste parole non saranno dette invano e ne farò tesoro in tutta la mia vita" ( dalle 'Memorie' di don Bosco).

In queste parole c'è la fede grande di una mamma contadina. Davanti a suo figlio che entra in Seminario, come un contadino davanti al campo pieno di grano maturo, ha già dimenticato il lavoro, le difficoltà, le sofferenze che l'hanno accompagnata fin lì. Davanti al figlio che sta raggiungendo la prima meta sognata a nove anni, sente solo la 'consolazione', vede solo la 'fortuna' del figlio. Questa fede è stata sorretta dalla fiducia totale in Maria Santissima, alla quale ha consacrato Giovanni neonato, ha affidato Giovanni che muoveva i primi passi verso la scuola. Ma la sua fede è concreta, disincantata. Nel breve orizzonte della sua vita ha visto anche preti che hanno 'disonorato' il loro abito, la loro missione. E mette in guardia suo figlio con parole dure: piuttosto che cattivo prete, meglio non-prete. 

mercoledì 12 giugno 2013

Pio IX, l'ultimo Papa Re

Andrea Tornielli, vaticanista e inviato speciale de “Il Giornale”, dedica il suo interesse di storico alla figura del beato Pio IX, l'ultimo "Papa Re", l'estremo protagonista del potere temporale della Chiesa, che ha finito i suoi giorni “prigioniero” nel Palazzo vaticano, spesso presentato come un ottuso conservatore, incapace di comprendere il corso della storia, chiuso a ogni novità. La sua figura rimane schiacciata sulle vicende risorgimentali che l'hanno visto protagonista. Questa biografia, priva di intenti revisionistici o agiografici, offre oggi la possibilità di conoscere davvero Papa Giovanni Maria dei conti Mastai Ferretti, rileggendone la figura e l'operato alla luce delle più recenti scoperte documentaristiche e interpretazioni storiografiche. Inoltre, permette di comprendere meglio un personaggio e un'epoca di nodale importanza per la nostra storia nazionale. Il volume è arricchito da un’appendice in cui sono riportati integralmente i testi di alcuni dei più importanti documenti del suo magistero.

Nei primi anni, il beato Pio IX governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali di una parte della popolazione tanto da essere considerato un "Papa liberale". Il primissimo provvedimento adottato, appena un mese dopo la sua elezione - 16 luglio 1846 –, fu la concessione dell’ amnistia per i reati politici. Tra le grandi riforme attuate si menziona l’istituzione della Consulta di Stato, della Guardia Civica e la libertà di circolazione dei giornali unita ad una moderazione della censura preventiva. In seguito ai moti rivoluzionari, il 14 marzo 1848, il Beato Pio IX, sull’esempio del sovrano del Regno delle Due Sicilie, promulga “Nelle istituzioni”, Costituzione apostolica sullo Statuto dello Stato Pontificio. Con questo testo lo Stato del Papa si avviava decisamente verso la laicizzazione, l’alta e la media borghesia potevano iniziare a prendere parte alla vita politica che in precedenza era prerogativa del Sacro Collegio. Nonostante le riforme, nel 1848 si susseguirono una serie di tentativi di rovesciamento politico che portarono all’uccisione del Conte Pellegrino Rossi, a cui il Papa aveva affidato la guida del governo. La situazione precipita: guidata dai circoli politici, una turba di persone, fra le quali sono presenti anche dei deputati radicali, volontari della Guardia Civica e persino carabinieri pontifici, muove verso il Quirinale per indurre il Papa a laicizzare lo Stato. Il 24 novembre 1848, il Santo Padre, non intendendo avallare con la sua presenza gli atti del nuovo governo, prende la decisione di rifugiarsi prima a Gaeta e successivamente a Portici, ospite di Ferdinando II, Re delle Due Sicilie.
Nel dicembre 1848, il Parlamento romano nomina una giunta per il governo provvisorio. Da Gaeta, il Papa, dichiara illegale e privo di valore ogni atto promulgato dalla giunta la quale indice le elezioni per il 21 gennaio 1849. Con il consenso di circa un terzo degli elettori aventi diritto  - 250.000 votanti su una popolazione di 3.000.000 di persone -  nasce la Repubblica Romana, diretta da un Triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, tutti accaniti nemici della Chiesa Romana. Il Santo Padre decide di chiedere un intervento armato per ripristinare la sovranità temporale dello Sato Pontificio. Risponde all’appello la Francia di Luigi Napoleone Bonaparte che invia un contingente di circa 7000 soldati con a capo il Generale Oudinot. Agli inizi di giugno del 1849, le truppe francesi sconfiggono quelle della Repubblica Romana comandate da Giuseppe Garibaldi e riconquistano Roma. Mazzini e Garibaldi lasciano la città, si scioglie la Costituente e su Castel Sant’Angelo viene nuovamente esposta la bandiera pontificia.

Dal Regno delle Due Sicilie, il Beato Pio IX pronuncia l’allocuzione “Quibus quantisque”: un documento che ripercorre la storia dei primi due anni di regno, le concessioni fatte, le lotte che si sono prodotte, in cui è presente un’accorata difesa del potere temporale della Chiesa e un duro rigetto all’accusa di essere affiliato alla massoneria. Con tale allocuzione inizia una nuova fase del regno di Papa Mastai, il quale, soggetto alle pressioni dell’ambiente, portato più a seguire che a reagire ad esse, amareggiato, si persuase che il regime costituzionale, il sistema parlamentare, la libertà di stampa, erano intrinsecamente cattivi. 

Davvero Pio IX aveva idee così vicine al liberalismo da essere definito un “papa giacobino”? La risposta più chiara che contribuisce a demolire il mito del “papa liberale”, era contenuta già nella prima enciclica del nuovo pontefice pubblicata il 9 novembre 1846 intitolata “Qui pluribus”, nella quale vengono condannate tutte le mostruosità che uomini congiunti fra loro in empia unione, avversari della sana dottrina e disdegnosi della verità, divulgano e disseminano presso il popolo con l’intento di rovesciare dalle fondamenta la Religione cattolica e la società civile. Nella stessa enciclica il Papa riafferma la condanna delle sette segrete già pronunciata dai suoi predecessori, la condanna del comunismo e dei libri contenenti insegnamenti contrari alla religione cattolica e ammonisce i vescovi affinchè abbiano particolare attenzione alla cura del clero e che siano misericordiosi con chi sbaglia, seguendo l’esempio evangelico.

Il Santo Padre rientra a Roma il 12 aprile 1850 tra una folla che lo accoglie con gioia. La situazione dello Stato al momento del rientro è penosa. L’amministrazione pontificia inizia una profonda opera di risanamento che porterà al pareggio, in otto anni, un bilancio che nel 1850 presentava un enorme deficit. Dati incontrovertibili dimostrano come la lotta risorgimentale abbia contribuito a falsare la realtà circa le condizioni di vita dei sudditi del pontefice. Il Papa introdusse nelle carceri, molto meno affollati rispetto agli altri stati italiani, le innovazioni umanitarie ispirate alla “teoria dell’emenda” – la finalità della sanzione sia la rieducazione del reo allontanandolo dalla vita criminale – e fece sorgere case di correzione per la riabilitazione dei detenuti. La pressione fiscale non era alta e i meno abbienti erano esentati dal pagamento delle imposte. Si istituì una cattedra di agraria all’università di Roma ed una commissione per l’agricoltura, l’orticoltura e l’allevamento del bestiame. Si elargivano somme premio a quanti piantavano nuovi alberi nel territorio dello Stato. Furono bonificati diversi territori e Roma fu dotata di acqua potabile chiamata “Pia”. Fu promossa l’illuminazione a gas e  ampliate le linee del telegrafo. La sanità era più efficiente di tanti altri stati europei. Si promosse la costruzione di linee ferroviarie che, secondo il Papa, avrebbero avuto un ruolo importante nello sviluppo economico, sociale, culturale e politico delle nazioni. Si studiarono nuovi sistemi di trasporto urbano. Notevoli progressi furono fatti nel settore industriale con il sorgere di fonderie, officine meccaniche, opifici per la filatura dei tessuti, cartiere, raffinerie di zucchero. Il governo del Beato Pio IX fu il primo in Italia ad introdurre i francobolli postali e si adoperò per la tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. Quanto descritto, non per idealizzare l’amministrazione dello Stato Pontificio, ma per sfatare la leggenda nera che dipingeva il Papa come un ottuso oppositore della modernità e del progresso.

Il suo pontificato, il più lungo da San Pietro in poi, ha visto una fervida attività missionaria, la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione – con la Bolla “Ineffabilis Deus” datata 8 dicembre 1854 -, l'apertura del Concilio Vaticano I, la nascita di molti nuovi ordini religiosi e la fondazione di associazioni e istituti culturali tutt'ora vivi.

Il decennio 1850-60 è segnato da un cambio di prospettiva nella battaglia risorgimentale per l’unità d’Italia. Fà il suo ingresso nella scena politica un personaggio chiave quale il primo ministro del governo sabaudo, Camillo Benso Conte di Cavour. Fallito l’esperimento della Repubblica Romana, Il Conte di Cavour vuole unificare l’Italia sotto l’egida della corona sabauda, vuole abbattere il potere temporale del Papa, creare con astuzia una “libera Chiesa in libero Stato”. Viene così sovvertito l’originale pensiero risorgimentale che era federalista verso cui il Beato Pio IX non era assolutamente contrario. Il ministro della Giustizia sabaudo, il Conte Giuseppe Siccardi, prepara una legge approvata dal Re che abolisce il foro ecclesiastico, sopprime il diritto d’asilo, cancella alcune feste religiose, limita la possibilità per la Chiesa di ricevere donazioni, introduce il matrimonio civile. L’Arcivescovo di Torino, Luigi Fransosi, che si oppone alla legge, viene arrestato, processato ed esiliato. Il governo Cavour, presenta alla Camera un nuovo progetto di legge, successivamente approvato, che prevede la soppressione degli ordini religiosi e relativa espropriazione di tutti i beni ecclesiastici. Cavour era convinto che la “lebbra del monacismo” fosse un importante fattore di arretratezza. Il Santo Padre, nell’allocuzione “Singolari quidam”, denuncia le norme che il Piemonte si appresta ad introdurre e con l’allocuzione “Cum saepe” commina la scomunica maggiore a quanti avevano proposto, approvato e sanzionato la legge. Ancora il Papa reagisce con la lettera apostolica “Cum catholica Ecclesia” dove riafferma, per l’ennesima volta, il valore del potere temporale e l’impossibilità per il pontefice di disfarsene. Intanto Pio IX medita la possibilità di costituire un esercito pontificio per la difesa del suo Stato. In risposta all’invito del Papa rispondono molti volontari appartenenti all’aristocrazia francese. Entrano a far parte dell’esercito pontificio anche volontari austriaci, polacchi, olandesi, belgi, italiani, svizzeri e irlandesi. Nel frattempo Giuseppe Garibaldi comanda i “Mille” per invadere il Regno delle Due Sicilie, un’operazione militare finanziata e sorretta dal Regno Sardo, dall’Inghilterra e dalla massoneria internazionale. In breve tempo il Papa, con l’avanzare delle truppe piemontesi, vede ridotto il suo Stato al solo “patrimonio di San Pietro” – Roma, Viterbo, Civitavecchia, Velletri e Frosinone -. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II diviene re d’Italia. La caduta del potere temporale del Papa, a partire da questo momento, non è più il programma occulto delle società segrete ma quello pubblico e ufficiale del Regno d’Italia appena costituito. Nasce così, come problema internazionale, la “questione romana”.

L’8 dicembre 1864, il Santo Padre pubblica l’enciclica “Quanta cura” con annesso il testo del “Syllabus”, che condanna i “principali errori dell’età nostra che son notati nelle allocuzioni concistoriali, nelle encicliche e in altre lettere apostoliche del SS. Signor Nostro Papa Pio IX”. Tale Pubblicazione scatenerà una valanga di polemiche.
La Chiesa di Pio IX, prossima all’avvicinarsi al crollo definitivo dell’ultimo residuo del vecchio potere temporale del Papa, dà prova di grande vitalità con la convocazione del Concilio Vaticano I in cui, tra le altre cose, viene proclamato il dogma del magistero infallibile del Romano Pontefice nella costituzione apostolica “Pastor aeternus”.
I rapporti con il neonato Regno d’Italia non erano affatto buoni. L’anziano pontefice si sentiva accerchiato, attaccato, vittima di un complotto internazionale che tentava di eliminare non soltanto il potere temporale ma il papato stesso. Il Beato Pio IX non lascia nulla di intentato e, con la mediazione di San Giovanni Bosco, cerca di aprire delle trattative con la corona d’Italia per evitare che la soluzione del contenzioso venisse affidata alle armi. Alla fine, però, si conclude ben poco. Nell’estate del 1866, il governo italiano approva la legge per la soppressione degli enti ecclesiastici e la liquidazione dell’asse ecclesiastico: vengono annullati venticinquemila enti trasferendo tutti i loro beni allo Stato. Alla fine dello stesso anno, le truppe francesi di Napoleone III lasciano Roma restituendola al Papa dopo l’esperienza della Repubblica Romana. La partenza delle truppe francesi lascia il campo libero ai moti rivoluzionari promossi dai liberali presenti nello Sato Pontificio. Garibaldi, con il nulla osta del governo italiano, concentra delle truppe di volontari alle porte dello Stato del Papa. Napoleone III decide di intervenire a sostegno dell’esercito pontificio che, a Mentana, infligge una clamorosa sconfitta alle camicie rosse. Dopo la battaglia di Mentana, l’attenzione della Santa Sede e del Papa è assorbita dal Concilio Vaticano I.

Nel 1870, cambia il fragile equilibrio internazionale. La Francia dichiara guerra alla Prussia. Napoleone III ritira nuovamente le sue truppe da Roma. Il 2 settembre 1870, l’Imperatore francese viene battuto a Sedan e fatto prigioniero e a Parigi viene proclamata la repubblica. Il governo sabaudo torna alla carica per la conquista dello Stato Pontificio che avviene il 20 settembre 1870 attraverso la breccia di Porta Pia. Il Santo Padre, per evitare un inutile spargimento di sangue, qualche giorno prima, aveva dato istruzioni al comandante delle truppe pontificie di opporre una resistenza simbolica: <<…non si dica mai che il Vicario di Gesù Cristo, quantunque ingiustamente assalito, abbia a consentire a qualunque spargimento di sangue. La causa nostra è di Dio, e noi mettiamo tutta nelle sue mani la nostra difesa…..>>. Con l’enciclica “Respicientes ea” del 1° novembre 1870, il Beato Pio IX condanna senza appello l’occupazione di Roma e la spoliazione dello Stato Pontificio e infligge la scomunica a tutti i responsabili della presa della Città Eterna.

Nel 1872 il re Vittorio Emanuele firma la legge che prevede l’espulsione dei religiosi dai loro conventi, la dispersione di circa tredicimila persone tra frati e suore e la confisca di quattrocentosettantasei case religiose. Il 16 giugno 1872, con la lettera apostolica “Costretti nelle”, Pio IX definisce usurpatore il governo italiano che ha soppresso gli Ordini religiosi in Roma, patrimonio della Chiesa universale.

Con il “Non expedit”, il Papa decide di far astenere i cattolici dalla vita politica italiana segno di non voler scendere a patti con il nuovo regime usurpatore. Il popolo cattolico si concentra così nel sociale con la nascita di una rete di opere nell’ambito delle parrocchie.

Il 7 febbraio 1878, il camerlengo di Santa Romana Chiesa, Cardinale Gioacchino Pecci, futuro Papa Leone XIII, annuncia la morte del Santo Padre Pio IX. Poco prima di morire dirà << Il mio successore dovrà ispirarsi al mio attaccamento alla Chiesa e al mio desiderio di fare del bene. Quanto al resto, tutto è cambiato intorno a me, il mio sistema e la mia politica hanno fatto il loro tempo, ma io sono troppo vecchio per cambiare indirizzo: sarà l’opera del mio successore >>.

 

martedì 4 giugno 2013

Emma Bonino, dagli aborti al Quirinale?

   
Come si diventa un’icona laica della modernità e del potere
di Danilo Quinto
Editore: Fede & Cultura
Prefazione: Gianfranco Amato
Pagine: 112
Collana di CulturaCattolica.it n. 2
Data di pubblicazione: Aprile 2013

In poche parole:
Dall’ex tesoriere del Partito Radicale autore del best-seller “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio” un libro rivelazione su Emma Bonino candidata alla presidenza della repubblica italiana dopo una vita spesa per l’aborto, la propaganda in favore della droga, dell’omosessualità in nome dei diritti civili.
 
Descrizione:
Questo libro è un vademecum per far carriera. Dimostra che non è difficile passare da una fattoria delle campagne di Bra (Cuneo) all’olimpo dell’establishment mondiale. Si inizia a fare aborti “con una pompa di bicicletta, un dilatatore di plastica e un vaso dentro cui si fa il vuoto e in cui finisce il contenuto dell’utero. Io uso – spiega Emma Bonino al settimanale Oggi, nel 1975 - un barattolo da un chilo che aveva contenuto della marmellata. Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi è un buon motivo per farsi quattro risate”. Dopo gli aborti, viene l’elezione in Parlamento, nel 1976, dove si rimane fino al 2013, con un intermezzo di 5 anni da Commissaria europea. Si gira il mondo a frequentare i potenti della terra. Da Hillary Clinton a George Bush. Da George Soros a Madeleine Albright. Si partecipa alle riunioni del Gruppo Bildeberg. Si ricevono prestigiosi premi internazionali per l’affermazione dei diritti umani e si fanno campagne per l’eutanasia. Alla fine, si può anche diventare Presidente della Repubblica o Ministro degli Esteri!