Non esistono parole al mondo che non siano state già scritte, all'Alba dei Tempi.......PAROLE SCOLPITE negli anfratti più profondi del cuore della Terra, nelle pieghe più morbide e levigate dell'intero universo, tra le radici della natura o tra i voli di ali celesti. Solo lo scrittore, come saggio e vecchio geografo, le sa cercare, comprendere e disegnare in pagine di eterna memoria......

I miei libri

giovedì 21 novembre 2013

Sorpreso dalla gioia

"Sorpreso dalla gioia" è un libro autobiografico in cui Clive Staples Lewis racconta il suo passaggio dall’ateismo al cristianesimo. E' una storia, come dice l’autore, "insopportabilmente personale". E' una storia vera, la storia di una conversione che si legge senza accorgersi di percorrere una lunga strada: dai passatempi dell’infanzia alle emozioni dell’adolescenza all’inizio della maturità. Un libro scritto con passione, onestà, sincerità scaturito dalla grande capacità narrativa e poetica di questo grande ed indimenticato scrittore.

lunedì 11 novembre 2013

La vita è una sfida


In occasione del trentesimo anniversario della legge 194, che nel 1978 legalizzò in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza, Cantagalli pubblica, in collaborazione con il Movimento per la vita italiano, la traduzione di La vie est un bonheur , di Clara Lejeune, figlia del grande genetista Jérôme Lejeune, pubblicato in Francia nel 1997.
Illustre scienziato e medico di fama internazionale, scopritore della trisomia 21, la sindrome di Down, Lejeune è considerato il padre della genetica moderna. La sua vita e il suo impegno nella ricerca «manifestano qualcosa di universale nell’impegno per la difesa della vita nascente e insieme recano il segno di una singolarità esemplare meritevole di essere proposta anche in Italia come stimolo nel ripensamento degli ultimi trent’anni di “storia del diritto alla vita” della nostra nazione», afferma Carlo Casini nell’introduzione all’edizione italiana. Clara Lejeune racconta con dolcezza e affettuosa memoria la vita di suo padre, marito, «ricercatore dall’anima del poeta», uomo «dalla forza tranquilla» animato da una fede semplice e profonda. Particolarmente belle le pagine dedicate alla malattia e alla morte di Lejeune, raccontate con parole piene di amore filiale e di riconoscenza per un padre che ha lasciato ai suoi figli e al mondo la testimonianza di una vita illuminata e piena. Un testimone della vita.
Tratto da www.30giorni.it


mercoledì 30 ottobre 2013

Una lacrima mi ha salvato

Una lacrima mi ha salvata! E' questa la coinvolgente storia  di Angéle Leiby, raccontata in questo libro. Angéle è una donna francese di Strasburgo, il 14 luglio del 2009, in seguito ad una forte emicrania, viene portata in ospedale, di lì a pochissimo le sue condizioni precipitano, non riesce a parlare bene, fa fatica a respirare, diventa cieca, fino ad arrivare al coma. I medici decidono di intubarla e preparano il marito e la figlia al peggio:  Angèle non si risveglierà mai più. Ma questo è solo ciò che si vede. In realtà, Angèle sente tutto, sebbene – come racconta oggi – non riesca a vedere nulla, se non il buio, però riesce a sentire ed a capire tutto ciò che succede intorno a lei in quella stanza d'ospedale. Capisce di essere attaccata ad una macchina e di essere alimentata tramite un sondino, ma soprattutto comprende che i medici la danno per spacciata. Dopo tre giorni di coma in cui il suo corpo subisce continui peggioramenti, il 17 luglio un medico consiglia al marito di iniziare a contattare le pompe funebri.
Angèle sente tutto. Cerca di urlare, ma la sua è una voce muta. Si accorge che il marito le tiene la mano, ma non ha forza per fare alcun cenno. I medici si fanno sempre più insistenti col marito. Ormai la situazione è disperata, “occorre staccare la spina”, ma il marito e la figlia si oppongono e Angèle, cosciente di tutto recita il Padre Nostro. Il 25 luglio, anniversario del suo matrimonio, entra nella sua stanza la figlia Cathy che le rivela di aspettare il terzo figlio e che desidererebbe tanto che la nonna potesse almeno vederlo. È a quel punto che accade l’inaspettato. Dagli occhi di Angèle sgorga una lacrima. Una sola lacrima che consente alla figlia di avvertire i dottori. Poi il movimento di un mignolo. In quel corpo immobile c’è vita! Finalmente i medici compiono studi più approfonditi e fanno diagnosi di sindrome di Bickerstaff una encefalite troncoencefalica che permetterà ad Angèle di ottenere tutte le cure necessarie per guarire completamente dopo un periodo lungo e faticoso. Il 30 gennaio 2010 può tornare finalmente a casa.

lunedì 21 ottobre 2013

Un cuore per la nuova Europa

 
Il volume, realizzato dall’Istituto Storico dell'Insorgenza (qui) in collaborazione con la Fondazione D'Ettoris di Crotone, comprende due saggi: il primo, di Oscar Sanguinetti, descrive la vita dell'ultimo imperatore asburgico sotto un profilo più personale e privato, attingendo quasi totalmente alla Positio super virtutibus, ossia al compendio delle testimonianze del processo di beatificazione. L'altro, di cui è autore il professor Musajo Somma della Cattolica di Milano affronta il quadro storico della guerra mondiale e della finis Austriae, attingendo alla miglior letteratura storica disponibile oggi, anche in lingua non italiana. Il volume, illustrato, è corredato da una intervista con il postulatore della causa, avvocato Andrea Ambrosi, da una cronologia e da un'ampia bibliografia. Tratto da www.identitanazionale.it
Marco Invernizzi, storico del movimento cattolico italiano, nella Prefazione sottolinea che la beatificazione del sovrano tiene conto non solo del suo ruolo di marito e padre esemplare, di cristiano devoto in tutte le circostanze difficili della sua esistenza, ma anche del modo in cui ha esercitato le funzioni inerenti al suo rilevante ruolo pubblico. Invernizzi invita l’Italia che entra in Europa a guardare come a un modello all’«imperatore santo», fautore di un non facile federalismo e sostenitore di una politica dell’integrazione, realistica e anti-ideologica, che non fece in tempo a realizzare. Tratto da www.totustuus.it


giovedì 3 ottobre 2013

Il gusto della vita

«Fare il parroco, stare in mezzo alla gente, per me è stata una grande lezione.
Mi si è svegliato il senso dello stupore. E mi sono convinto che l’uomo è una meraviglia».
«Io non misuro mai i miei anni, per me è sempre tutto nuovo.
La vita è bella a dieci anni come a cento se concepita come slancio verso il futuro e non come fardello da portare sulle spalle».
«Da quasi centenario continuo a celebrare la speranza».
Il Cardinale Ersilio Tonini ci ha lasciati da poco tempo ma in questo suo ultimo libro, scritto all'età di  98 anni, ci lascia un grande e vivida eredità: l'amore e lo stupore per la vita. La sua esperienza di vita, raccontata a quattro mani in queste pagine, attraversa quasi un secolo di storia italiana e incrocia le vicende di papi, capi di stato e grandi personalità, ma anche di tanta gente comune, affascinata dalla sua capacità di parlare al cuore con semplicità evangelica. Qui si racconta, a cuore aperto gettando uno sguardo da pastore e padre sull’Italia di ieri e di oggi svelando i segreti di una vita vissuta con entusiasmo contagioso, un entusiasmo che non si è mai spento lungo il corso dei suoi innumerevoli anni. Da queste pagine emerge tutta intera la splendida personalità del Cardinale, forgiata da due sante persone, la madre Celestina ed il padre Cesare, che con il loro virtuoso esempio lo hanno cresciuto nella gioia e nella e gratitudine a Dio per il dono della vita e della fede.
E' un libro da leggere per recuperare il vero senso della vita, dell'amore, del dolore e della morte.    

mercoledì 18 settembre 2013

Fides et Ratio

Il 14 settembre l'Enciclica Fides et Ratio del Beato Giovanni Paolo II ha compiuto 15 anni. Essa appare in questo momento buio della storia di attualità e lungimiranza sorprendenti.  L'enciclica Fides et Ratio intende continuare la riflessione iniziata con l'enciclica Veritatis splendor, concentrando "l'attenzione sul tema della verità e sul suo fondamento in rapporto alla fede" (nr 6).
La questione del rapporto tra fede e ragione è certamente vecchia di secoli ed è stata trattata ampiamente dal Concilio Vaticano I; ma è ancora attuale, perché dal 1870 a oggi molte cose in campo teologico e filosofico sono cambiate - in bene e in male -, e perciò il problema del rapporto tra fede e ragione può essere utilmente ripreso, sia per confermare quanto ha affermato il Vaticano I, sia per denunciare la pericolosa deriva della ragione verso lo scetticismo, il relativismo ed il nichilismo. C'è una "crisi di fiducia nella ragione", estremamente pericolosa per la fede e di fronte alla quale perciò la Chiesa non può tacere: non può cioè non sforzarsi di riabilitare la ragione umana, difendendone la capacità di giungere alla verità per la quale essa è fatta. Ecco da cosa scaturisce questa mirabile Enciclica, tanto da far scrivere al Santo Padre : "Si ha spesso l'impressione che nel mondo attuale manchi un fondamento su cui costruire l'esistenza personale e sociale. Ciò dipende dal fatto che chi era chiamato per vocazione a esprimere in forme culturali il frutto della propria speculazione ha distolto lo sguardo dalla verità, preferendo il successo nell'immediato alla fatica di un'indagine paziente su ciò che merita di essere vissuto. La filosofia, che ha la grande responsabilità di formare il pensiero e la cultura attraverso il richiamo perenne alla ricerca del vero, deve recuperare con forza la sua vocazione originaria. "È per questo - aggiunge il Papa - che ho sentito non solo l'esigenza, ma anche il dovere di intervenire su questo tema" (n. 6).
Il Santo Padre ci comunica che esiste un doppio ordine di conoscenza: quello della fede, che si appoggia sulla testimonianza di Dio e si avvale dell'aiuto soprannaturale della grazia, e quello della conoscenza filosofica, che si appoggia sull'esperienza dei sensi e si muove alla luce del solo intelletto; ma la rivelazione di Dio che si compie in Cristo s'inserisce nel tempo e nella storia, cosicché "la storia diventa il luogo in cui possiamo constatare l'agire di Dio a favore dell'umanità" (n. 12); quindi "con la Rivelazione viene offerta all'uomo la verità ultima sulla propria vita e sul destino della storia". Perciò "al di fuori di questa prospettiva il mistero dell'esistenza personale rimane un enigma insolubile" (ivi). Ma la verità offerta dalla Rivelazione divina è "carica di mistero" e, quindi, può essere accettata soltanto con la fede, nella quale l'uomo dà il suo assenso alla testimonianza di Dio che rivela, poiché Dio stesso si fa garante della verità che rivela. È dunque accettando con un atto libero di fede la Rivelazione che l'uomo arriva a comprendere il mistero della sua esistenza. La conoscenza di fede e la conoscenza di ragione, per essere decodificate completamente, richiedono entrambe l'attenzione dell'essere umano e la sua disponibilità ad accogliere il mistero profondo che è vergato nel cuore della creazione, il dono di Dio che è riservato a "quanti credono in lui o lo ricercano con cuore sincero" (n. 15).  Se c'è distinzione tra la conoscenza di fede e la conoscenza di ragione, c'è tuttavia tra queste due conoscenze un legame profondo. Per tale motivo "la ragione e la fede non possono essere separate senza che venga meno per l'uomo la possibilità di conoscere in modo adeguato se stesso, il mondo e Dio" (n. 16). Ma la ragione, e dunque la filosofia, deve riconoscere il suo limite, che è rappresentato dal mistero della Croce: "Il vero punto nodale, che sfida ogni filosofia, è la morte in croce di Gesù Cristo. Qui, infatti, ogni tentativo di ridurre il piano salvifico del Padre a pura logica umana è destinato al fallimento" (n. 23). Perciò "la ragione non può svuotare il mistero di amore che la Croce rappresenta, mentre la Croce può dare alla ragione la risposta ultima che essa cerca.  L'uomo è perennemente alla ricerca della verità, non tanto delle verità parziali quanto della verità totale, cioè del senso della vita, del dolore e della morte. Fede e ragione, incontrandosi, conducono l'uomo alla pienezza della verità.
L'Enciclica mette in luce le distorsioni del pensiero filosofico e le ideologie da esso scaturite nel corso dei secoli, in particolare condanna il fideismo, il tradizionalismo radicale, il razionalismo, l'ontologismo. Giovanni Paolo II conclude la sua enciclica sottolineando "il valore che la filosofia possiede nei confronti dell'intelligenza della fede" (n. 100) ed esortando i teologi a "recuperare [...] la dimensione metafisica della verità" (n. 105), e i responsabili della formazione sacerdotale "perché curino con particolare attenzione la formazione filosofica di chi dovrà annunziare il Vangelo all'uomo di oggi e, più ancora, di chi dovrà dedicarsi alla ricerca e all'insegnamento della teologia" (ivi); rivolge poi un appello ai filosofi "perché abbiano il coraggio di recuperare, sulla scia di una tradizione filosofica perennemente valida, la dimensione di autentica saggezza e verità, anche metafisica, del pensiero filosofico" (n. 106). A tutti infine il Papa chiede di "guardare in profondità all'uomo, che Cristo ha salvato nel mistero del suo amore, e alla sua costante ricerca di verità e di senso" (n. 107). L'ultimo pensiero del Papa è a Maria, Sede della Sapienza: possa ella "essere il porto sicuro per quanti fanno della loro vita la ricerca della saggezza" (n. 108).
 
Liberamente tratto da cultura cattolica

mercoledì 17 luglio 2013

Gli occhi di Maria

 
A partire dal 9 luglio 1796, mentre i feroci saccheggiatori di Napoleone Bonaparte invadevano lo Stato Pontificio, accadde che a Roma più di cento immagini, per lo più raffiguranti la Vergine Maria, le 'Madonnelle' si animarono, cioè muovevano gli occhi, e questi cambiavano colore e mutavano espressione. Il fenomeno prodigioso era cominciato qualche giorno prima nella città di Ancona proprio davanti a Napoleone che ne rimase scosso. I Francesi che, venuti in Italia, si resero artefici di soprusi, ruberie, vilipendio alla religione e di spietate repressioni, provocarono in tutta la Penisola il fenomeno delle Insorgenze: una vera e propria resistenza a carattere popolare contro l'invasore francese che veniva a stravolgere il diritto pubblico, amministrativo, penale e privato del popolo italiano, imponendo di fatto un radicale mutamento dello stile di vita e l'ateismo. Le insorgenze durarono due anni, dal Tirolo alla Calabria, dal Piemonte alla Sardegna e finirono represse nel sangue. Gli occhi della Vergine Maria furono il punto di riferimento per tutti i Romani, nessuno poteva smarrirsi guardando Maria; ella donava luce, sicurezza, protezione, conforto in quel periodo così doloroso. I prodigi delle immagini di Maria che a Roma muovevano gli occhi sono ricordati nelle diverse edicole con delle iscrizioni. Ad esempio a piazza Barberini, all'angolo tra via Veneto e via San Basilio, a piazza del Gesù, in via delle Botteghe Oscure e a piazza dei Calcarari. Davanti ad alcune di queste immagini che si animarono sono posti degli ex-voto con date recenti, segno che la Vergine Maria continua ancora ai nostri giorni a donare la sua luce, la sua protezione ed il suo conforto.
La storia, anche cattolica sembra avere perso memoria di quei fatti sconvolgenti, sbrigati troppo spesso come psicosi collettiva. Rino Cammilleri ha ricostruito. con oggettività e serietà, la catena di eventi misteriosi e inauditi. Dopo il racconto, si è confrontato sulla loro veridicità e sul loro significato con Vittorio Messori, lo scrittore noto anche per le sue ricerche sui "'carismi" mariani e che, in questo libro, abbozza un tentativo di "teologia della storia": una tale ondata di prodigi, proprio mentre la Rivoluzione Francese investiva il centro del cattolicesimo, non sembra affatto casuale.
 
Vittorio Messori ed Andrea Cammilleri 
'Gli occhi di Maria' (Ed Rizzoli 2001)       

mercoledì 26 giugno 2013

Vita di mamma Margherita


Le grandi parole
Il giorno 30 ottobre è l'ultimo che Giovanni Bosco passa fuori dal Seminario. Nelle sue 'Memorie', don Bosco ricorda così quel giorno: Il giorno 30 ottobre di quell'anno 1835 dovevo trovarmi in Seminario. Il piccolo corredo era preparato. I miei parenti erano tutti contenti: io più di loro. Mia madre soltanto stava in pensiero e mi teneva tuttora lo sguardo addosso, come volesse dirmi qualche cosa. La sera precedente alla partenza ella mi chiamò a sè e mi fece questo memorando discorso:  "Giovanni, tu hai vestito l'abito del sacerdote. Io ne provo tutta la consolazione che una madre può provare per la fortuna di un figlio. Ma ricordati che non è l'abito che onora il tuo stato, è la pratica della virtù. Se mai tu avessi a dubitare di tua vocazione, ah per carità! non disonorare questo abito. Posalo subito. Preferisco avere un povero contadino che un figlio prete trascurato nei suoi doveri. Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Beata Vergine. Quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la devozione a questa nostra madre. Ora ti raccomando di esserle tutto suo. Ama i compagni devoti di Maria. E se diventi sacerdote, raccomanda e propaga sempre la devozione di Maria".
Nel terminare queste parole, mia madre era commossa; io piangevo. "Madre -le risposi-, vi ringrazio di tutto quello che avete detto e fatto per me. Queste parole non saranno dette invano e ne farò tesoro in tutta la mia vita" ( dalle 'Memorie' di don Bosco).

In queste parole c'è la fede grande di una mamma contadina. Davanti a suo figlio che entra in Seminario, come un contadino davanti al campo pieno di grano maturo, ha già dimenticato il lavoro, le difficoltà, le sofferenze che l'hanno accompagnata fin lì. Davanti al figlio che sta raggiungendo la prima meta sognata a nove anni, sente solo la 'consolazione', vede solo la 'fortuna' del figlio. Questa fede è stata sorretta dalla fiducia totale in Maria Santissima, alla quale ha consacrato Giovanni neonato, ha affidato Giovanni che muoveva i primi passi verso la scuola. Ma la sua fede è concreta, disincantata. Nel breve orizzonte della sua vita ha visto anche preti che hanno 'disonorato' il loro abito, la loro missione. E mette in guardia suo figlio con parole dure: piuttosto che cattivo prete, meglio non-prete. 

mercoledì 12 giugno 2013

Pio IX, l'ultimo Papa Re

Andrea Tornielli, vaticanista e inviato speciale de “Il Giornale”, dedica il suo interesse di storico alla figura del beato Pio IX, l'ultimo "Papa Re", l'estremo protagonista del potere temporale della Chiesa, che ha finito i suoi giorni “prigioniero” nel Palazzo vaticano, spesso presentato come un ottuso conservatore, incapace di comprendere il corso della storia, chiuso a ogni novità. La sua figura rimane schiacciata sulle vicende risorgimentali che l'hanno visto protagonista. Questa biografia, priva di intenti revisionistici o agiografici, offre oggi la possibilità di conoscere davvero Papa Giovanni Maria dei conti Mastai Ferretti, rileggendone la figura e l'operato alla luce delle più recenti scoperte documentaristiche e interpretazioni storiografiche. Inoltre, permette di comprendere meglio un personaggio e un'epoca di nodale importanza per la nostra storia nazionale. Il volume è arricchito da un’appendice in cui sono riportati integralmente i testi di alcuni dei più importanti documenti del suo magistero.

Nei primi anni, il beato Pio IX governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali di una parte della popolazione tanto da essere considerato un "Papa liberale". Il primissimo provvedimento adottato, appena un mese dopo la sua elezione - 16 luglio 1846 –, fu la concessione dell’ amnistia per i reati politici. Tra le grandi riforme attuate si menziona l’istituzione della Consulta di Stato, della Guardia Civica e la libertà di circolazione dei giornali unita ad una moderazione della censura preventiva. In seguito ai moti rivoluzionari, il 14 marzo 1848, il Beato Pio IX, sull’esempio del sovrano del Regno delle Due Sicilie, promulga “Nelle istituzioni”, Costituzione apostolica sullo Statuto dello Stato Pontificio. Con questo testo lo Stato del Papa si avviava decisamente verso la laicizzazione, l’alta e la media borghesia potevano iniziare a prendere parte alla vita politica che in precedenza era prerogativa del Sacro Collegio. Nonostante le riforme, nel 1848 si susseguirono una serie di tentativi di rovesciamento politico che portarono all’uccisione del Conte Pellegrino Rossi, a cui il Papa aveva affidato la guida del governo. La situazione precipita: guidata dai circoli politici, una turba di persone, fra le quali sono presenti anche dei deputati radicali, volontari della Guardia Civica e persino carabinieri pontifici, muove verso il Quirinale per indurre il Papa a laicizzare lo Stato. Il 24 novembre 1848, il Santo Padre, non intendendo avallare con la sua presenza gli atti del nuovo governo, prende la decisione di rifugiarsi prima a Gaeta e successivamente a Portici, ospite di Ferdinando II, Re delle Due Sicilie.
Nel dicembre 1848, il Parlamento romano nomina una giunta per il governo provvisorio. Da Gaeta, il Papa, dichiara illegale e privo di valore ogni atto promulgato dalla giunta la quale indice le elezioni per il 21 gennaio 1849. Con il consenso di circa un terzo degli elettori aventi diritto  - 250.000 votanti su una popolazione di 3.000.000 di persone -  nasce la Repubblica Romana, diretta da un Triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, tutti accaniti nemici della Chiesa Romana. Il Santo Padre decide di chiedere un intervento armato per ripristinare la sovranità temporale dello Sato Pontificio. Risponde all’appello la Francia di Luigi Napoleone Bonaparte che invia un contingente di circa 7000 soldati con a capo il Generale Oudinot. Agli inizi di giugno del 1849, le truppe francesi sconfiggono quelle della Repubblica Romana comandate da Giuseppe Garibaldi e riconquistano Roma. Mazzini e Garibaldi lasciano la città, si scioglie la Costituente e su Castel Sant’Angelo viene nuovamente esposta la bandiera pontificia.

Dal Regno delle Due Sicilie, il Beato Pio IX pronuncia l’allocuzione “Quibus quantisque”: un documento che ripercorre la storia dei primi due anni di regno, le concessioni fatte, le lotte che si sono prodotte, in cui è presente un’accorata difesa del potere temporale della Chiesa e un duro rigetto all’accusa di essere affiliato alla massoneria. Con tale allocuzione inizia una nuova fase del regno di Papa Mastai, il quale, soggetto alle pressioni dell’ambiente, portato più a seguire che a reagire ad esse, amareggiato, si persuase che il regime costituzionale, il sistema parlamentare, la libertà di stampa, erano intrinsecamente cattivi. 

Davvero Pio IX aveva idee così vicine al liberalismo da essere definito un “papa giacobino”? La risposta più chiara che contribuisce a demolire il mito del “papa liberale”, era contenuta già nella prima enciclica del nuovo pontefice pubblicata il 9 novembre 1846 intitolata “Qui pluribus”, nella quale vengono condannate tutte le mostruosità che uomini congiunti fra loro in empia unione, avversari della sana dottrina e disdegnosi della verità, divulgano e disseminano presso il popolo con l’intento di rovesciare dalle fondamenta la Religione cattolica e la società civile. Nella stessa enciclica il Papa riafferma la condanna delle sette segrete già pronunciata dai suoi predecessori, la condanna del comunismo e dei libri contenenti insegnamenti contrari alla religione cattolica e ammonisce i vescovi affinchè abbiano particolare attenzione alla cura del clero e che siano misericordiosi con chi sbaglia, seguendo l’esempio evangelico.

Il Santo Padre rientra a Roma il 12 aprile 1850 tra una folla che lo accoglie con gioia. La situazione dello Stato al momento del rientro è penosa. L’amministrazione pontificia inizia una profonda opera di risanamento che porterà al pareggio, in otto anni, un bilancio che nel 1850 presentava un enorme deficit. Dati incontrovertibili dimostrano come la lotta risorgimentale abbia contribuito a falsare la realtà circa le condizioni di vita dei sudditi del pontefice. Il Papa introdusse nelle carceri, molto meno affollati rispetto agli altri stati italiani, le innovazioni umanitarie ispirate alla “teoria dell’emenda” – la finalità della sanzione sia la rieducazione del reo allontanandolo dalla vita criminale – e fece sorgere case di correzione per la riabilitazione dei detenuti. La pressione fiscale non era alta e i meno abbienti erano esentati dal pagamento delle imposte. Si istituì una cattedra di agraria all’università di Roma ed una commissione per l’agricoltura, l’orticoltura e l’allevamento del bestiame. Si elargivano somme premio a quanti piantavano nuovi alberi nel territorio dello Stato. Furono bonificati diversi territori e Roma fu dotata di acqua potabile chiamata “Pia”. Fu promossa l’illuminazione a gas e  ampliate le linee del telegrafo. La sanità era più efficiente di tanti altri stati europei. Si promosse la costruzione di linee ferroviarie che, secondo il Papa, avrebbero avuto un ruolo importante nello sviluppo economico, sociale, culturale e politico delle nazioni. Si studiarono nuovi sistemi di trasporto urbano. Notevoli progressi furono fatti nel settore industriale con il sorgere di fonderie, officine meccaniche, opifici per la filatura dei tessuti, cartiere, raffinerie di zucchero. Il governo del Beato Pio IX fu il primo in Italia ad introdurre i francobolli postali e si adoperò per la tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. Quanto descritto, non per idealizzare l’amministrazione dello Stato Pontificio, ma per sfatare la leggenda nera che dipingeva il Papa come un ottuso oppositore della modernità e del progresso.

Il suo pontificato, il più lungo da San Pietro in poi, ha visto una fervida attività missionaria, la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione – con la Bolla “Ineffabilis Deus” datata 8 dicembre 1854 -, l'apertura del Concilio Vaticano I, la nascita di molti nuovi ordini religiosi e la fondazione di associazioni e istituti culturali tutt'ora vivi.

Il decennio 1850-60 è segnato da un cambio di prospettiva nella battaglia risorgimentale per l’unità d’Italia. Fà il suo ingresso nella scena politica un personaggio chiave quale il primo ministro del governo sabaudo, Camillo Benso Conte di Cavour. Fallito l’esperimento della Repubblica Romana, Il Conte di Cavour vuole unificare l’Italia sotto l’egida della corona sabauda, vuole abbattere il potere temporale del Papa, creare con astuzia una “libera Chiesa in libero Stato”. Viene così sovvertito l’originale pensiero risorgimentale che era federalista verso cui il Beato Pio IX non era assolutamente contrario. Il ministro della Giustizia sabaudo, il Conte Giuseppe Siccardi, prepara una legge approvata dal Re che abolisce il foro ecclesiastico, sopprime il diritto d’asilo, cancella alcune feste religiose, limita la possibilità per la Chiesa di ricevere donazioni, introduce il matrimonio civile. L’Arcivescovo di Torino, Luigi Fransosi, che si oppone alla legge, viene arrestato, processato ed esiliato. Il governo Cavour, presenta alla Camera un nuovo progetto di legge, successivamente approvato, che prevede la soppressione degli ordini religiosi e relativa espropriazione di tutti i beni ecclesiastici. Cavour era convinto che la “lebbra del monacismo” fosse un importante fattore di arretratezza. Il Santo Padre, nell’allocuzione “Singolari quidam”, denuncia le norme che il Piemonte si appresta ad introdurre e con l’allocuzione “Cum saepe” commina la scomunica maggiore a quanti avevano proposto, approvato e sanzionato la legge. Ancora il Papa reagisce con la lettera apostolica “Cum catholica Ecclesia” dove riafferma, per l’ennesima volta, il valore del potere temporale e l’impossibilità per il pontefice di disfarsene. Intanto Pio IX medita la possibilità di costituire un esercito pontificio per la difesa del suo Stato. In risposta all’invito del Papa rispondono molti volontari appartenenti all’aristocrazia francese. Entrano a far parte dell’esercito pontificio anche volontari austriaci, polacchi, olandesi, belgi, italiani, svizzeri e irlandesi. Nel frattempo Giuseppe Garibaldi comanda i “Mille” per invadere il Regno delle Due Sicilie, un’operazione militare finanziata e sorretta dal Regno Sardo, dall’Inghilterra e dalla massoneria internazionale. In breve tempo il Papa, con l’avanzare delle truppe piemontesi, vede ridotto il suo Stato al solo “patrimonio di San Pietro” – Roma, Viterbo, Civitavecchia, Velletri e Frosinone -. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II diviene re d’Italia. La caduta del potere temporale del Papa, a partire da questo momento, non è più il programma occulto delle società segrete ma quello pubblico e ufficiale del Regno d’Italia appena costituito. Nasce così, come problema internazionale, la “questione romana”.

L’8 dicembre 1864, il Santo Padre pubblica l’enciclica “Quanta cura” con annesso il testo del “Syllabus”, che condanna i “principali errori dell’età nostra che son notati nelle allocuzioni concistoriali, nelle encicliche e in altre lettere apostoliche del SS. Signor Nostro Papa Pio IX”. Tale Pubblicazione scatenerà una valanga di polemiche.
La Chiesa di Pio IX, prossima all’avvicinarsi al crollo definitivo dell’ultimo residuo del vecchio potere temporale del Papa, dà prova di grande vitalità con la convocazione del Concilio Vaticano I in cui, tra le altre cose, viene proclamato il dogma del magistero infallibile del Romano Pontefice nella costituzione apostolica “Pastor aeternus”.
I rapporti con il neonato Regno d’Italia non erano affatto buoni. L’anziano pontefice si sentiva accerchiato, attaccato, vittima di un complotto internazionale che tentava di eliminare non soltanto il potere temporale ma il papato stesso. Il Beato Pio IX non lascia nulla di intentato e, con la mediazione di San Giovanni Bosco, cerca di aprire delle trattative con la corona d’Italia per evitare che la soluzione del contenzioso venisse affidata alle armi. Alla fine, però, si conclude ben poco. Nell’estate del 1866, il governo italiano approva la legge per la soppressione degli enti ecclesiastici e la liquidazione dell’asse ecclesiastico: vengono annullati venticinquemila enti trasferendo tutti i loro beni allo Stato. Alla fine dello stesso anno, le truppe francesi di Napoleone III lasciano Roma restituendola al Papa dopo l’esperienza della Repubblica Romana. La partenza delle truppe francesi lascia il campo libero ai moti rivoluzionari promossi dai liberali presenti nello Sato Pontificio. Garibaldi, con il nulla osta del governo italiano, concentra delle truppe di volontari alle porte dello Stato del Papa. Napoleone III decide di intervenire a sostegno dell’esercito pontificio che, a Mentana, infligge una clamorosa sconfitta alle camicie rosse. Dopo la battaglia di Mentana, l’attenzione della Santa Sede e del Papa è assorbita dal Concilio Vaticano I.

Nel 1870, cambia il fragile equilibrio internazionale. La Francia dichiara guerra alla Prussia. Napoleone III ritira nuovamente le sue truppe da Roma. Il 2 settembre 1870, l’Imperatore francese viene battuto a Sedan e fatto prigioniero e a Parigi viene proclamata la repubblica. Il governo sabaudo torna alla carica per la conquista dello Stato Pontificio che avviene il 20 settembre 1870 attraverso la breccia di Porta Pia. Il Santo Padre, per evitare un inutile spargimento di sangue, qualche giorno prima, aveva dato istruzioni al comandante delle truppe pontificie di opporre una resistenza simbolica: <<…non si dica mai che il Vicario di Gesù Cristo, quantunque ingiustamente assalito, abbia a consentire a qualunque spargimento di sangue. La causa nostra è di Dio, e noi mettiamo tutta nelle sue mani la nostra difesa…..>>. Con l’enciclica “Respicientes ea” del 1° novembre 1870, il Beato Pio IX condanna senza appello l’occupazione di Roma e la spoliazione dello Stato Pontificio e infligge la scomunica a tutti i responsabili della presa della Città Eterna.

Nel 1872 il re Vittorio Emanuele firma la legge che prevede l’espulsione dei religiosi dai loro conventi, la dispersione di circa tredicimila persone tra frati e suore e la confisca di quattrocentosettantasei case religiose. Il 16 giugno 1872, con la lettera apostolica “Costretti nelle”, Pio IX definisce usurpatore il governo italiano che ha soppresso gli Ordini religiosi in Roma, patrimonio della Chiesa universale.

Con il “Non expedit”, il Papa decide di far astenere i cattolici dalla vita politica italiana segno di non voler scendere a patti con il nuovo regime usurpatore. Il popolo cattolico si concentra così nel sociale con la nascita di una rete di opere nell’ambito delle parrocchie.

Il 7 febbraio 1878, il camerlengo di Santa Romana Chiesa, Cardinale Gioacchino Pecci, futuro Papa Leone XIII, annuncia la morte del Santo Padre Pio IX. Poco prima di morire dirà << Il mio successore dovrà ispirarsi al mio attaccamento alla Chiesa e al mio desiderio di fare del bene. Quanto al resto, tutto è cambiato intorno a me, il mio sistema e la mia politica hanno fatto il loro tempo, ma io sono troppo vecchio per cambiare indirizzo: sarà l’opera del mio successore >>.

 

martedì 4 giugno 2013

Emma Bonino, dagli aborti al Quirinale?

   
Come si diventa un’icona laica della modernità e del potere
di Danilo Quinto
Editore: Fede & Cultura
Prefazione: Gianfranco Amato
Pagine: 112
Collana di CulturaCattolica.it n. 2
Data di pubblicazione: Aprile 2013

In poche parole:
Dall’ex tesoriere del Partito Radicale autore del best-seller “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio” un libro rivelazione su Emma Bonino candidata alla presidenza della repubblica italiana dopo una vita spesa per l’aborto, la propaganda in favore della droga, dell’omosessualità in nome dei diritti civili.
 
Descrizione:
Questo libro è un vademecum per far carriera. Dimostra che non è difficile passare da una fattoria delle campagne di Bra (Cuneo) all’olimpo dell’establishment mondiale. Si inizia a fare aborti “con una pompa di bicicletta, un dilatatore di plastica e un vaso dentro cui si fa il vuoto e in cui finisce il contenuto dell’utero. Io uso – spiega Emma Bonino al settimanale Oggi, nel 1975 - un barattolo da un chilo che aveva contenuto della marmellata. Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi è un buon motivo per farsi quattro risate”. Dopo gli aborti, viene l’elezione in Parlamento, nel 1976, dove si rimane fino al 2013, con un intermezzo di 5 anni da Commissaria europea. Si gira il mondo a frequentare i potenti della terra. Da Hillary Clinton a George Bush. Da George Soros a Madeleine Albright. Si partecipa alle riunioni del Gruppo Bildeberg. Si ricevono prestigiosi premi internazionali per l’affermazione dei diritti umani e si fanno campagne per l’eutanasia. Alla fine, si può anche diventare Presidente della Repubblica o Ministro degli Esteri!

martedì 14 maggio 2013

L'eredità di Benedetto XVI

Benedetto XVI lascia al suo successore Francesco un Magistero che tratta in modo sistematico tutti i grandi temi della vita cristiana, un 'corpus' paragonabile nella storia della Chiesa solo a quello di Leone XIII. Dall'interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II come "riforma nella continuità" - una lettura che chiede di accettare lealmente le riforme, leggendole però non contro ma alla luce del Magistero precedente - discende anzitutto un'intransigente difesa della libertà religiosa, una nozione che Benedetto XVI fonda e spiega contro ogni relativismo. Alla denuncia della "dittatura del relativismo" corrisponde un grande rilancio della dottrina  sociale della Chiesa intorno ai "principi non negoziabili" - vita, famiglia, libertà di educazione -, a sua volta radicato in un ritorno alla teologia della storia che mostra le tappe di un processo di scristianizzazione dal Rinascimento all'Illuminismo, dalle tragiche ideologie del secolo XX a quelle non meno insidiose dell'era postmoderna.
Come antidoto a questa grande crisi, che lambisce anche il sacerdozio cattolico, Papa Ratzinger propone il ritorno alla fede: e l'Anno della fede ci ricorda che non si tratta di un'emozione, ma di un preciso contenuto di dottrina.
 
Per tanti cattolici italiani è stata quella di Massimo Introvigne la voce che quotidianamente ha presentato e spiegato il Magistero di Benedetto XVI. Con questo libro Introvigne propone una sintesi degli insegnamenti degli ultimi anni di Papa Ratzinger: un'eredità preziosa per il nuovo pontificato che si apre.  

martedì 30 aprile 2013

Trattato della vera devozione a Maria

Tantissimi sono i libri che ho letto, alcuni li ho completamente dimenticati, di altri ricordo qualche passo, pochissimi sono quelli che mi porterei sulla luna in caso dovessero sfollare completamente la terra, uno in particolare ha 'segnato' positivamente la mia vita spirituale aprendomi nuovi orizzonti di fede e di devozione: il 'Trattato della vera devozione a Maria' di San Luigi Maria Grignion de Montfort. Il trattato è un piccolo ma preziosissimo libretto con il quale "San Luigi Maria Grignion de Montfort proponeva ai cristiani la consacrazione a Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali" così ricordava il Santo Padre Giovanni Paolo II nell'enciclica REDEMPTORIS MATER.
 
Egli stesso disse in un'intervista:

"La lettura di questo libro ha significato, nella mia vita, una svolta decisiva. Ho detto una svolta in quanto si riferisce ad un lungo cammino interiore che ha coinciso con la mia preparazione clandestina al sacerdozio. Fu allora che capitò tra le mie mani questo singolare trattato, uno di quei libri che non è sufficiente
« averlo letto ». Mi ricordo di averlo portato per molto tempo con me, anche nella fabbrica di soda, tanto che la sua bella copertina fu danneggiata dalla calce. Io ritornavo incessantemente e di volta in volta su certi passaggi. Mi sono accorto ben presto che, al di là della forma barocca del libro, si trattava di qualche cosa fondamentale.
Come conseguenza, la devozione della mia infanzia e anche della mia adolescenza nei riguardi della Madre di Cristo ha dato luogo ad un nuovo atteggiamento, una devozione proveniente dal più profondo della mia fede, come se provenisse dallo stesso cuore della realtà trinitaria e cristologica. Quando temevo che la mia devozione mariana potesse oscurare Cristo, tanto da cederle il passo, compresi, alla luce del trattato di Grignion de Monfort che realmente era tutt'altra cosa. La nostra relazione con la Madre di Dio deriva, organicamente, dal nostro legame con il mistero del Cristo. Non è quindi questione che l'uno ci impedisca di vedere l'altro. (...) Si può proprio dire che a colui che si sforza di conoscerla e amarla, lo stesso Cristo indica sua Madre come fece, sul Calvario, al suo discepolo Giovanni".

(André Frossard, dialogo con Giovanni Paolo II)

Segnalo questo sito di DEVOZIONE MARIANA che presenta anche il trattato.
Per leggerlo cliccare qui

domenica 21 aprile 2013

Un manuale per conoscere la Massoneria

La Massoneria è un sistema diabolico per esaltare l’uomo e la sua ragione, dove i riti esoterici uniscono, in una nera spiritualità, le persone fra di loro. Con il termine esoterismo («interiore»), ci si riferisce all’ermetismo, all’alchimia, alla cabala ebraica… e la magia prende un posto di primo piano. Lo studio attento dei riti e dei principi massonici dimostra la lampante incompatibilità di questi con quelli della Chiesa, un’ostilità che si evidenzia in tre punti: l’umanesimo, la ritualità e l’esoterismo. Il primo, che ha le sue fondamenta sia nell’umanesimo rinascimentale, sia nel razionalismo illuminista, consiste nel soggettivismo e nel relativismo dogmatico, verificandosi così una privazione di sottomissione sia ai dogmi che alla gerarchia ecclesiastica; perciò «il cattolico orgoglioso d’esser massone va lo stesso a ricevere la Santa Comunione e desidera rimanere massone attivo e partecipe ai riti di Loggia» (p. 9).

La Massoneria ha compiuto una vera e propria guerra contro la Chiesa Cattolica per sottrarle sia il potere temporale, sia la sua influenza nella cultura, nella mentalità, nei costumi e nelle legislazioni delle nazioni.Il volume è un utile sussidio per tutti coloro che desiderano comprendere seriamente il fenomeno massonico e quanto esso abbia inciso nel pensiero e nel modus vivendi del mondo occidentale, dove sono state recise le norme di Cristo. Qui viene tracciata questa perversa storia, la sua filosofia, la sua dottrina, il metodo con i suoi giuramenti e le sue punizioni, i rapporti che la Massoneria ha cercato e cerca con la religione. Inoltre sono ricordati alcuni nomi celebri dell’antimassonismo cattolico, quello che ha denunciato il satanismo massonico, e vengono esaminate con cura le differenze fra massoneria inglese, francese, italiana, tedesca e statunitense, giungendo alla conclusione che esiste una linea di collegamento fra tutte: la ricerca dell’illuminazione, alla quale ci si avvicina sempre più se ci si innalza di grado nell’iniziazione, al cui apice sta il Gran Maestro. Padre Siano compie anche una sorta di mappa italiana passata e contemporanea di personalità, luoghi e fatti legati alla Massoneria. Questo manuale diventa così un utilissimo vademecum della peste massonica moderna che dal 1717, anno della sua fondazione a Londra, ha raggiunto tutti gli angoli della terra, diffondendo il suo funesto e rovinoso pensiero: un vero e proprio “anticristo” che aggrega, con un patto, i suoi membri, appartenenti alle diverse professioni e ai diversi credi religiosi. Il vincolo massonico (giuramento, solidarietà, fratellanza universale) coalizza, sia visibilmente che invisibilmente, i membri fra di loro, ma anche tutte le logge e le massonerie di rito diverso. Vittime principali sono proprio Cristo, Verità assoluta, e Santa Romana Chiesa, custode di quell’unica Verità di salvezza. (Cristina Siccardi)

martedì 16 aprile 2013

Il cuore del mondo

Nel pieno della seconda guerra mondiale, circondato dall'odio delle nazioni e dalle distruzioni della guerra, von Balthasar scriveva Il cuore del mondo, un libro appassionato sull'amore di Dio. Accompagnato dalle visioni mistiche di Adrienne von Speyr, von Balthasar aveva potuto raggiungere le fonti della vita, aveva contemplato la colata d'amore che si dona in eternità e, quasi in un gioco ininterrotto, passa dal Padre al Figlio nello Spirito. E' un amore inarrestabile che porta alla creazione del mondo e dell'uomo, alla generosità di un Dio che non tiene per sé la divinità, ma viene nel mondo in incarnazione, morte e discesa agli inferi. La figura di Dio in Cristo è debole e generosa, soprattutto avvolta in una tenerezza infinita che non vuole e non può fuggire le lance e le frecce dell'uomo tracotante e violento. E questa la debolezza scelta da Dio, il cuore con il quale egli si presenta agli uomini per attrarli a sé, incurante dei rischi, come il pastore che, lasciate le novantanove pecore, va per sentieri pericolosi, per boschi ricoperti di rovi che affondano nelle sue tenere carni, e più ancora nel suo cuore, gli aculei acuminati dell'odio. In una breve nota scritta qualche mese prima della morte, von Balthasar dedicava Il cuore del mondo ai giovani. Sono d'accordo, perché si tratta di un libro di entusiasmo; penso anche, però, che come il Cantico dei Cantici Il cuore del mondo può parlare a ogni donna e uomo e risvegliare amore di dedizione e generosità.
Elio Guerriero
 
Sono trascorsi quasi cinquant'anni da quando, in un'estate passata in riva al lago della mia città natale [Lucerna, ndt], scrissi questo libro. Quel vecchio che ormai sono può solo con difficoltà valutare se il lirismo del suo stile può ancora dire oggi qualcosa a qualcuno. Tuttavia il contenuto spirituale che intendeva offrirsi in questa veste giovanile non è mutato per me lungo il corso di tanto tempo. Il ritmico battito del cuore lo percepisco identico come allora, nel chiasso del nostro mondo, non appena vi accosto l'orecchio. È forse addirittura vero che, quanto più lo si vuole sopraffare con i nostri rumori e nullità, quel ritmo si fa sentire con tanta maggiore ostinazione, fedeltà e silenzio. Alla nostra volontà di potere e alla nostra impotenza esso si manifesta come l'unità, a null' altra paragonabile, di potere e d'impotenza, in cui sta in assoluto l'essenza dell'amore. Quest'opera giovanile è dedicata soprattutto ai giovani.
Giugno 1988

 
 
Allora batti pure, o cuore dell'essere, o polso del tempo! Strumento di amore infinito! Tu ci rendi ricchi, ci rendi poi di nuovo poveri; tu ci attiri, poi ti sottrai di nuovo; ma noi siamo, ondeggianti su e giù a te aggrappati. Tu fai sentire su di noi il tuono della tua maestà, taci sopra di noi con il silenzio delle tue stelle, ci riempi e ricolmi fino all'orlo, e ci svuoti e ci scavi da sotto fino all'ultima goccia. E tuonando, tacendo, riempiendo, svuotando tu sei il Signore e noi i tuoi servi.
 

mercoledì 10 aprile 2013

Il Piccolo Principe

Il titolo del mio blog di lettura mi è stato ispirato proprio dal capitolo 15.mo di questo libro che, lungi dall'essere solo un libro di narrativa per ragazzi,  affronta con estrema delicatezza, armonia e candore temi come il senso della vita, dell'amore, dell'amicizia,  del rispetto per l’universo oltre che per tutti gli esseri viventi che lo popolano.
Capitolo
    Il sesto pianeta era dieci volte più grande. Era abitato da un vecchio signore che scriveva degli enormi libri.
 


     
Ecco un esploratore, esclamò quando scorse il piccolo principe.
   
Il piccolo principe si sedette sul tavolo ansimando un poco. Era in viaggio da tanto tempo.
    
Da dove vieni? gli domandò il vecchio signore.
    
Che cos'è questo grosso libro? disse il piccolo principe. Che cosa fate qui?
    
Sono un geografo, disse il vecchio signore.
    
Che cos'è un geografo?
    
È un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città, le montagne e i deserti.
    
È molto interessante, disse il piccolo principe, questo finalmente è un vero mestiere!    E diede un'occhiata tutto intorno sul pianeta del geografo. Non aveva mai visto fino ad ora un pianeta così maestoso.
    
È molto bello il vostro pianeta. Ci sono degli oceani?    Non lo posso sapere, disse il geografo.
    
Ah! (il piccolo principe fu deluso) E delle montagne?
    
Non lo posso sapere, disse il geografo.    E delle città e dei fiumi e dei deserti?
    
Neppure lo posso sapere, disse il geografo.
    
Ma siete un geografo!
    Esatto, disse il geografo, ma non sono un esploratore. Manco completamente di esploratori. Non è il geografo che va a fare il conto delle città, dei fiumi, delle montagne, dei mari, degli oceani e dei deserti. Il geografo è troppo importante per andare in giro. Non lascia mai il suo ufficio, ma riceve gli esploratori, li interroga e prende degli appunti sui loro ricordi. E se i ricordi di uno di loro gli sembrano interessanti, il geografo fa fare un'inchiesta sulla moralità dell'esploratore.    Perché?
    
Perché se l'esploratore mentisse porterebbe una catastrofe nei libri di geografia. Ed anche un esploratore che bevesse troppo.
    
Perché? domandò il principe.
    
Perché gli ubriachi vedono doppio e allora il geografo annoterebbe due montagne là dove ce n'è una sola.    Io conosco qualcuno, disse il piccolo principe, che sarebbe un cattivo esploratore.
    
È possibile. Dunque, quando la moralità dell'esploratore sembra buona, si fa un'inchiesta sulla sua scoperta.    Si va a vedere?    No, è troppo complicato. Ma si esige che l'esploratore fornisca le prove. Per esempio, se si tratta di una grossa montagna, si esige che riporti delle grosse pietre

   
All'improvviso il geografo si commosse.
    
Ma tu, tu vieni da lontano! Tu sei un esploratore! Mi devi descrivere il tuo pianeta!    E il geografo, avendo aperto il suo registro, temperò la sua matita. I resoconti degli esploratori si annotano da prima a matita, e si aspetta per annotarli a penna che l'esploratore abbia fornito delle prove.
    
Allora? interrogò il geografo.
    
Oh! da me, disse il piccolo principe, non è molto interessante, è talmente piccolo. Ho tre vulcani,
due in attività e uno spento. Ma non si sa mai.
    
Non si sa mai, disse il geografo.
    
Ho anche un fiore.
    
Noi non annotiamo i fiori, disse il geografo.
    
Perché? Sono la cosa più bella.    Perché i fiori sono effimeri
    
Che cosa vuoi dire "effimero"?    Le geografie, disse il geografo, sono i libri più preziosi fra tutti i libri. Non passano mai di moda. È molto raro che una montagna cambi di posto. È molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne.    Ma i vulcani spenti si possono risvegliare, interruppe il piccolo principe. Che cosa vuol dire "effimero"?    Che i vulcani siano spenti o in azione, è lo stesso per noi, disse il geografo. Quello che conta per noi è il monte, lui non cambia.    Ma che cosa vuol dire "effimero"? ripeté il piccolo principe che in vita sua non aveva mai  rinunciato a una domanda una volta che l'aveva fatta.
    
Vuol dire "che è minacciato di scomparire in un tempo breve".
    
Il mio fiore è destinato a scomparire presto?    Certamente.
   
Il mio fiore è effimero, si disse il piccolo principe, e non ha che quattro spine per difendersi dal mondo!
E io l'ho lasciato solo!     E per la prima volta si senti pungere dal rammarico. Ma si fece coraggio:
    
Che cosa mi consigliate di andare a visitare?
    
Il pianeta Terra, gli rispose il geografo. Ha una buona reputazione...
   
E il piccolo principe se ne andò pensando al suo fiore.